Diversi
o opposti?
Avete
fatto caso che quando ci parlano di qualcosa o qualcuno “diverso”
da noi, l'immagine che ci facciamo è di qualcosa o qualcuno che sia
opposto? Sembra che siamo, tendenzialmente, incapaci di pensare a
qualcosa a noi assolutamente estraneo come a qualcosa di “altro”?
Siamo più propensi a pensare a realtà
che sono il nostro opposto. Ovvero, sembra che l'unico metro di paragone sia il nostro modo di essere, ciò che si discosta diventa immediatamente nemico, stupido, cattivo, se noi reputiamo noi stessi intelligenti, sensibili, amabili etc etc, chi è diverso acquisisce le caratteristiche opposte. Il nostro modo di essere ci fornisce una serie di certezze, quali la netta superiorità nei confronti di chi ha caratteristiche non comparabili con le nostre. Banalmente, chi vive in una realtà rurale pensa che i cittadini siano incapaci di rapportarsi alla natura e non abbiamo alcuna manualità. Li considera superficiali e poco capaci di godere realmente della vita. Chi vive in città considera le realtà contadine arretrate e rozze. Ma è realmente così? Forse è solo il timore di sentirsi inferiori se posti in realtà diverse da quelle conosciute, nel dubbio meglio evitare il confronto e ogni forma di pregiudizio impedice la messa in atto di qualsiasi confronto, ma anche di ulteriori possibilità di crescita. Il semplice pensiero stereotipico che chi è diverso di noi sia inferiore indica superficialità, insicurezza e poca curiosità. In una famosa immagine di Einstein si legge: “la fantasia è più importante della conoscenza”, è la curiosità dovrebbe essere più importante delle nostre certezze!
che sono il nostro opposto. Ovvero, sembra che l'unico metro di paragone sia il nostro modo di essere, ciò che si discosta diventa immediatamente nemico, stupido, cattivo, se noi reputiamo noi stessi intelligenti, sensibili, amabili etc etc, chi è diverso acquisisce le caratteristiche opposte. Il nostro modo di essere ci fornisce una serie di certezze, quali la netta superiorità nei confronti di chi ha caratteristiche non comparabili con le nostre. Banalmente, chi vive in una realtà rurale pensa che i cittadini siano incapaci di rapportarsi alla natura e non abbiamo alcuna manualità. Li considera superficiali e poco capaci di godere realmente della vita. Chi vive in città considera le realtà contadine arretrate e rozze. Ma è realmente così? Forse è solo il timore di sentirsi inferiori se posti in realtà diverse da quelle conosciute, nel dubbio meglio evitare il confronto e ogni forma di pregiudizio impedice la messa in atto di qualsiasi confronto, ma anche di ulteriori possibilità di crescita. Il semplice pensiero stereotipico che chi è diverso di noi sia inferiore indica superficialità, insicurezza e poca curiosità. In una famosa immagine di Einstein si legge: “la fantasia è più importante della conoscenza”, è la curiosità dovrebbe essere più importante delle nostre certezze!
Nel
libro “Il paese dei ciechi” appare evidente che il vero cieco è
il casuale visitatore vedente. Ma in un luogo in cui tutto è a
misura degli altri sensi la vista serve veramente a poco. Lo
sventurato visitatore continua a ripetersi: “in terra di ciechi il
monocolo è re” nell'assoluta certezza della sua superiorità
determinata dalla sua conoscenza e dalla sua vista. Ma riesce solo a
fare una pessima figura! Non è in grado di combattere, ne di farsi
accettare, viene considerato incompleto, ignorante, primitivo, lui
molto orgoglioso della sua evoluzione, delle sue conoscenze, non solo
non può diventare il re del paese dei ciechi ma non riesce ad essere
molto più di un servo poco utile! Solo alla fine capisce che il
paese dei ciechi non è una cultura che può rapportare alla sua
perché è “altra”. Può accettare il confronto, può imparare da
loro ma non può uniformarsi. Il concetto di diverso non è
rapportabile al proprio concetto di vita e di conoscenza. La nostra
storia è piena di gruppi o intere popolazioni che combattono ciò
che è diverso da loro, il colore della pelle, il modo di vivere, la
religione, ogni minima differenza diventa motivo di razzismo o
comunque di senso di superiorità. Ci sentiamo sempre di dovere
insegnare agli altri la nostra conoscenza, le nostre assolute
certezze non possono non essere condivise. Ricorda molto la triste
realtà descritta di Orwell in 1984, in cui in un mondo di uguali non
esiste altro modo che essere più uguali degli uguali per essere
diversi. Un po' come avviene nel mondo piene di certezze e di
conformismo degli adolescenti. Ma l'adolescenza è una fase delle
vita piena di incertezze e dubbi, la paura ed il bisogno di identità
attraverso l'uniformarsi è comprensibile. Smette di essere
comprensibile lo stesso atteggiamento utilizzato da adulti sicuri di
se e delle proprie capacità. In realtà diversità a volte può
significare arricchimento, crescita, dubbio costruttivo. Solo nel
confronto possono emergere nuove soluzioni, nuovi modi di pensare, di
vivere, alternative valide mai considerate. Insomma ciò che ci fa
più paura è in fondo esattamente quello che potrebbe insegnarci
nuove cose. Rimanendo sempre ciò che si è. Imparare dalle altre
culture, ad esempio, non significa rifiutare la propria ma integrare
le conoscenze vecchie e nuove secondo i propri schemi di pensiero. Io
cittadina ho certamente molto da imparare da dei contadini senza per
questo dovermi trasferire in una fattoria, o io pseudo-sana-di-mente
posso imparare molto dalle logiche insite nelle psicosi, senza per
questo reputare una mente malata superiore alla mia o da imitare.
Insomma, dovremmo imparare ad ascoltare in maniera curiosa e
tranquilla coloro che hanno delle diversità rispetto a noi, forse
così capiremmo che l'olocausto non avrebbe avuto ragione di esistere
e che ebrei, neri o musulmani che siano sono tutte persone
semplicemente diverse e non meglio o peggio. Penso che ognuno di noi
in una cultura diversa dalla propria farebbe la fine del saccente
protagonista del “paese dei ciechi”
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